05 Ottobre 2021

Stile… libero. La Fior di Noppolo e le Harvest Beers

“Harvest Beers”: letteralmente “birre legate specificamente a un raccolto”.

Laddove, per “raccolto”, s’intende, alquanto chiaramente, quello del luppolo; prelevato dai filari e utilizzato in fiore, fresco: al massimo di una settimana (e detto, appunto, “fresh”), se non addirittura di giornata (in quel caso ancora umido, dunque definito “wet”). Si capisce quindi come questo “perimetro”  – non una tipologia vera e propria – interessi stili che siano contraddistinti, nella propria costruzione sensoriale, proprio da una preminenza degli apporti organolettici conferiti dai coni del nostro tenace rampicante: in primis American Pale Ale e American Ipa (quest’ultima con tutte le sue nutrita schiera di derivazioni); spesso giocando tra le linee dell’una e dell’altra, in uno spazio di manovra in cui i reciproci discrimini si fanno spesso permeabili.

Le prime, le Apa, rappresentano l’edizione novecentesca, con luppoli americani modernisti (sul mercato dagli anni Settanta del secolo scorso), delle primigenie Pale Ale inglesi: un genere col quale il Forte si è cimentato firmando la From West Coast. Le seconde, le AIPA, parallelamente, costituiscono la versione a stelle e strisce delle ottocentesche English IPA, le India Pale Ale delle origini (secondogenite rispetto alle stesse Pale Ale britanniche, ma maggiorate in alcol e amaro, ergo meglio attrezzate per l’esportazione verso le colonie orientali della Corona); una versione, quella americana, il cui Dna gustolfattivo è stato stabilito, ancora una volta, dall’avvento dei luppoli made in USA di nuova generazione: secondo modalità di approccio con le quali il Forte si confronta, ad esempio, nello sfornare la sua Colle Sud.

Quel giocare “tra le linee” al quale si è accennato è, invece, tratto caratterizzante della “Fior di Noppolo”: la nostra “harvest”, preparata con coni autocoltivati, raccolti in autunno e utilizzati freschissimi (secondo la tecnica del “wet hopping”); così battezzata in quanto “Noppolo” è il termine con cui i nonni, nel dialetto versiliese, chiamavano appunto la pianta del luppolo. Una stagionale che si muove tra sensazioni più calde (6 gradi alcolici; ambrato il colore; biscottato il sottofondo degli argomenti aromatici) e spinte al contrario più fresche: in particolare con le refrigeranti note olfattive della frutta esotica (papaya, mango) e degli agrumi (arancia), nonché con una bevuta alla quale garantiscono slancio la corporatura medio-leggera, la bollicina spigliata e il bilanciamento dolceamaro del palato.

Un po’ come la brezza, tra ultimi tepori estivi e primi brividi invernali, che è tipica dell’ottobre sul Tirreno…