16 Settembre 2022

Il Tralcio alla… prova del mare

Pubblicato nel 1981 da Mondadori, La prova del mare è un romanzo, un thriller, il cui filo narrativo – abilmente tessuto dall’autore, Frank De Felitta (statunitense di origini italiane, scomparso novantacinquenne nel 2016) – conduce i suoi personaggi e i suoi lettori lungo una vicenda dalla partenza tranquilla, ma dallo sviluppo via via più serrato e inquietante: in un crescendo di tensione destinato a culminare nella dimensione di un vero e proprio incubo.

Ebbene, se non proprio in questi termini (e per fortuna), è a sua volta carica di apprensione e d’ansia un’altra prova del mare: quella che, a tavola, attende il vino rosso sfidandone la versatilità nel duettare con piatti a base di pesce. La materia, si sa, è spinosa; e oggetto di animate disfide verbali tra addetti ai lavori posizionati su fronti divergenti.

Per quanto ci riguarda, alla contesa ci sottraiamo volentieri: primo perché, nel valutare la questione, ci piace assumere uno sguardo laico, ragionato, smarcato da dogmi (il e il no assoluti, a prescindere); inoltre perché, nel nostro caso, il vino rosso c’entra, sì, tuttavia in modo laterale. C’entra, per la precisione, in quanto ingaggiato dalla birra; cooptato, in particolare, per la preparazione di una Italian Grape Ale: la nostra IGA, Il Tralcio. Prodotta attraverso una procedura in più fasi: una fermentazione in tino per la quale, al mosto di malto d’orzo, si unisce un pigiato di uve a bacca nera (appunto); e una successiva rifermentazione il bottiglia, secondo i dettami (con tanto di remuage e degorgement) del metodo classico. Profondamente felina, la sua bevuta (da 11 gradi abbondanti), si muove sorniona tra le insidie della tavola; e guarda dritto in faccia l’esame al quale la sottoponiamo oggi: una tagliata di tonno su salsa di yogurt, mirtilli e verdure.

La portata (come descritta sul sito Cucina & vini) prevede una gestazione rispetto alla quale non scendiamo nei dettagli tecnici; giusto per tratteggiare i fondamentali della ricetta, diremo che: il pesce (lavorato a cubetti, cosparso di albume d’uovo e passato in una granella di pan grattato e semi di sesamo), viene dorato in extravergine; i mirtilli vengono impiegati in riduzione (ottenuta cocendoli con zucchero e aceto, quindi frullandoli e filtrandoli); lo yogurt dà vita a una salsa aggiungendogli un poco di limone (succo e scorza grattugiata), sale e pepe.
A valle abbiamo un boccone le cui caratteristiche possiamo cosi sintetizzare: morbido nella compattezza, ma di grande densità sensoriale, pari a quella della bevuta; dotato, poi, di una componente lipidica (data dalla somma dei grassi apportati da tonno, latticino e olio) nel complesso equilibrata e ben gestibile da parte della combinazione alcol-acidità-bollicina messa in campo dalla birra; contrassegnato, inoltre, da un sentore ittico che, già addomesticato dalla venatura aspra di yogurt e limone con cui si accompagna, viene definitivamente ammansito dalla già citata acidità del bicchiere. Quanto alla sapidità del piatto, non rischia frizioni con amaricature vaganti: ché la nostra IGA non ne ha; tutt’al più il suo finale presenta delle dosate curvature tanniche.

Infine, vera ciliegina sulla torta è l’altra tracciante olfattiva della pietanza: il mirtillo; il cui profilo trova un rispecchiamento assai ravvicinato nei profumi sviluppati dalla sorsata: tra i quali troviamo corteccia e frutti rossi, anche di bosco. Insomma, per questa prova del mare, non c’è che dire: Il Tralcio è pronto e ben equipaggiato.
E allora… Via col varo, si proceda!