18 Dicembre 2023

Cintura d’Orione 2023 e… la guerra dei buccellati

Buccellato.

Un nome che, come tanti altri nella galassia della gastronomia italiana, sottintende più identità. Basti pensare a definizioni come soppressata, lonza o coppa: ciascuna delle quali, in funzione del punto dello Stivale in cui ci si trova, indica una specialità differente. Ebbene, pronunciando buccellato le preparazioni alle quali ci si può riferire sono almeno due: ovviamente diverse tra loro, sebbene si tratti, in entrambe le versioni, di un dessert. La prima declinazione di cui ci piace parlare, oggi, è quella appartenente alla tradizione lucchese: anzi, che di questa scuola culinaria rappresenta uno tra i più noti cavalli di battaglia. Non a caso Il Forte (per ovvie ragioni di vicinanza territoriale) ne ha già parlato in questi suoi quadernini di abbinamento: proponendo di annaffiare quel dolce tipico della città adagiata sulle rive del Serchio con un calice di Birra Santa. Avendo dato già in quell’occasione le specifiche della ricetta (con cenni anche sulle sue origini e sul perché la si chiami così), qui ci limitiamo a riassumerne i tratti essenziali: si tratta di un pane zuccherino, ottenuto con farina di frumento, zucchero, uova, latte (e volendo burro); nonché farcito internamente con semi di anice, uva passa e (sotto natale) gherigli di noce. In questa circostanza, poi, vogliamo come detto puntare i riflettori anche su una seconda interpretazione di buccellato: alla quale, anzi, dedicare qualche riga d’approfondimento, giacché ne sviluppiamo il tema per la prima volta.

Voliamo quindi idealmente in Sicilia per scoprire la variante palermitana: tanto cara agli abitanti del capoluogo e della sua provincia, da essere stata inserita nell’elenco regionale delle P.A.T. (ovvero prodotti agroalimentari tradizionali). L’etimologia? Sembra risalire alla locuzione latina panis buccella: con cui si allude alla pratica di approntare un impasto e, prima di cuocerlo in forno, di inciderlo superficialmente con fenditure, così da consentire poi di spezzarlo facilmente con le mani e di portarlo alla bocca (la bucca, nel latino tardo, cioè posteriore al 400 d.C.). Nei secoli seguenti, la consuetudine, affermatasi in modo via via più stabile, di sagomare quell’impasto in forma di ciambella, si è rivelata funzionale (forse causa, forse effetto, forse ambedue le cose) all’adozione appunto della parola buccellatus: nel senso di pane bucato al centro. Estremamente ricca, questa torta isolana con cui si fa festa nel periodo natalizio è costituita da pasta frolla modellata strati spessi e guarnita con un ripieno di uva passa, mandorle, scorze d’arancia e fichi secchi, questi ultimi amalgamati con frutta candita e scagliette di cioccolato (la lista degli ingredienti, d’altra parte, varia da famiglia a famiglia). Ora, come ben sappiamo, la nostra è la Penisola dei campanili: ogni motivo è buono per muovere guerre di religione. Ma nella fattispecie i tamburi di battaglia vogliamo farli tacere subito: perché nell’eventuale diatriba tra quale dei due buccellati sia da preferire, c’è di sicuro un attore in grado di portare il buon per la pace. O meglio, un’attrice; e una birra, ovviamente: la nostra Cintura d’Orione. All’anagrafe una Belgian Dark Strong Ale che Il Forte rilascia come etichetta stagionale (appunto per i mesi più freddi) e secondo un’idea di intenzionale differenziazione tra tutte le sue edizioni nel corso del tempo. In particolare la si elabora con cadenza annuale, ogni volta con una differente varietà di miele: nel 2023 è toccato a quello di corbezzolo.

Calda e vellutata, la Cintura sviluppa un dialogo da manuale con il contenuto zuccherino di entrambi i buccellati; poi con le proprie tostature (mandorla, croccante di paese) riprende, di ambedue i dessert, gli effetti della cottura al forno; con le proprie succulenze fruttate aggancia i fichi del dolce isolano e l’uvetta del suo antagonista; con le proprie speziature (chiodo di garofano, noce moscata) asseconda l’anice della ricetta toscana e le agrumature della siciliana. Per farla breve… Cintura d’Orione, buccellato di Palermo e buccellato di Lucca: il triangolo sì!