Primavera nell’aria, signore e signori…
Le temperature si fanno miti ogni giorno di più; e così, irresistibile, scatta la voglia di uscire: di trascorrere giornate da scandire tra passeggiate in campagna o in riva al mare, pennichelle cullate dal calore del sole e dalla freschezza di qualche refolo di vento, l’immancabile gioia di un pranzo o di una merenda che garantisca pienezza di gusto e, al contempo, la leggerezza necessaria a meglio godere della luce di questi mesi dell’anno. Il che – guardandolo dal punto di vista di chi, quel pasto, dovrà prepararlo – rappresenta d’altra parte l’enunciato di un’equazione non facile.
Gusto e leggerezza insieme: occorre lavorare di fantasia, magari pescare in qualche ricettario ad hoc. Come quello attingendo al quale proponiamo questo tortino all’ortolana nella cui lista di ingredienti troviamo diverse voci particolari e curiose. A partire dall’elemento addensante: la manioca, un tubero molto popolare in Sudamerica (ma oggi ben reperibile anche da noi), molto ricco di amido e con il pregio di essere privo di glutine.
Ecco il nostro piatto da gita fuori porta si costruisce, anzitutto, lessando la polpa di questa radice, scolandola e quindi schiacciandola insieme a latte e burro, fino a ridurla a una densa purea. Ad essa si uniscono poi delle uova, un po’ di sale e pepe, una buona spolverata di formaggio da grattugiare (la scelta è sostanzialmente a piacere), mescolando poi di nuovo e assicurando un amalgama uniforme.
Passi successivi: il trasferimento del composto così ottenuto in una teglia (rivestita all’interno con carta da forno umida); l’aggiunta di cavolfiore, carota e zucca (l’uno e le altre, allo stesso modo, dopo previa lessatura); l’ulteriore rifinitura affidata a una generosa dose di succo d’arancia leggermente zuccherato; la cottura, appunto in forno, a 180 °C per una ventina di minuti.
Risultato? Un boccone morbido, discretamente carrozzato in carboidrati e molto meno in grassi; tale da, al palato, da potersi definire saporito senza essere realmente salato, grazie alla dolcezza apportata dai vari ortaggi e dal poc’anzi citato succo di agrume.
Ecco allora che, scongiurato il ricatto da parte del cloruro di sodio, in abbinamento si aprono le porte a birre anche segnate da una certa amaricatura. Come la Fior di Noppolo, l’interpretazione che Il Forte dà del canovaccio tipologico corrispondente alle American Ipa prodotte con luppolo fresco (le cosiddette harvest). Una pinta dal colore ambrato; i cui 6 gradi alcolici e la cui bollicina pimpante fluidificano con facilitò la trama amidaceo-lipidica del tortino; una birra la cui vena d’amaro, già leggera, non va certamente in contrasto con alcuna sapidità spiccata, giacché il piatto (come detto) non ne ha; una sorsata insomma bilanciata e fresca, incline a far soffiare folate di timbro agrumato (con note di pompelmo ad esempio): le quali intercettano e si intrecciano armonicamente a quelle, fisiologiche, regalate dall’arancia, col suo ruolo centrale nella fisionomia del piatto…
Primavera nell’aria: tempo di brindisi con la Fior di Noppolo!